d.PCM 9 Marzo 2020 – 11 Marzo 2020 Il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri varato in data 9 marzo 2020 ed in vigore dal giorno successivo sino al 3 aprile prossimo, ha – come noto – varato misure molto restrittive rispetto alle libertà individuali, sottoponendo a precisi limiti gli spostamenti dei cittadini. Sono in sostanza state allargate a tutto il territorio nazionale le misure varate con il dPCM del 8 Marzo 2020. L’ultimo dPCM, quello dell’11 Marzo, non ha inciso di molto negli spostamenti quotidiani dei singoli cittadini, quanto piuttosto ha azionato il cd. lockdown, che restringe le attività commerciali che possono continuare legittimamente ad esercitare l’attività. Il presente elaborato non vuole riportare tutte le norme contenute nei predetti dPCM, né rispondere in maniera pedissequa ai singoli comportamenti consentiti in concreto e non; sono riportati in a mezzo dei collegamenti i testi in gazzetta ufficiale di tutti i dPCM citati e e qui la F.A.Q. ufficiale dal sito www.governo.it.

In tale elaborato intendiamo, piuttosto, affrontare ed analizzare le fattispecie di reato al quale ogni cittadino incorre allorquando vìola in tutto od in parte le rigide restrizioni del Decreto. Come noto, tale provvedimento storico ha imposto regole molto rigide volte ad evitare ogni spostamento delle persone fisiche in entrata e in uscita dai territori, come pure all’interno dei medesimi territori, salvo che per gli spostamenti motivati da:
1) comprovate esigenze lavorative,
2) situazioni di necessità,
3) motivi di salute, rimanendo sempre garantito il ritorno al domicilio. Dette circostanze devono essere attestate attraverso l’autodichiarazione disponibile sul portale istituzionale del Viminale.

Inoltre, nel tentativo di chiarificare le cose, oltre alla F.A.Q., sono state diffuse le direttive impartite dal Ministero degli Interni Dott.ssa Lamorgese ed indirizzato alle Prefetture.
E’ chiara una cosa: per garantire al meglio l’ordine pubblico, se qualcosa può cambiare, in negativo, fino al 25 marzo, non saranno più tanto le regole restrittive, anche perché il loro scostamento verso una maggior radicalizzazione presenta margini oramai risicati, bensì l’applicazione e l’interpretazione delle stesse regole. Insomma, nei primi giorni si potrà trovare maggiore elasticità perché, anche sociologicamente, misure così drastiche non possono essere applicate rigorosamente nei primi giorni; tuttavia, è altrettanto lecito presupporre che con il passare dei giorni si vada verso una maggiore rigorosità. Per tutti questi motivi, non può che consigliarsi il buon senso e, volendo fare riferimento ai principi più puri del nostro ordinamento, la bona fide. Si può “scendere il cane”, si può fare la spesa, si può anche comprare una lampadina o un cavo HD ad esempio, si può fare il tragitto per andare al tabaccaio o all’edicola (ovviamente, tutto questo, con le disposizioni in atto al momento) e sicuramente nessuno sarà richiamato se nel tragitto dovesse sostare per ammirare uno scorcio di cielo per qualche minuto. Ciò che è importante è praticare la buona fede, quindi andare a fare la spesa al supermercato vicino e non a quello all’altro capo della città con la buona scusa, né andarci in gruppo o fermarsi comunque per strada. Se si rispettano le norme, applicandole con buona fede, probabilmente non si andrà incontro a nessuna delle conseguenze penali che tale elaborato intende riassumere. Non può che porsi una considerazione al lettore: in questo momento le forze di polizia e di sicurezza non hanno certo interesse ad elevare denunce o attuare misure cautelari, ma sicuramente lo faranno se necessario. Può essere, questa, una buona occasione per riflettere sui diritti fondamentali di cui usufruiamo ogni giorno, apprezzare quelli più piccoli, e riflettere sugli elevati standard raggiunti – in termini di profondità di tutela dei singoli diritti – dalla cultura giuridica odierna. Importante evidenziare una cosa: il rinvio e la menzione dei limiti a cui era soggetta solo parte dell’Italia settentrionale ha provocato una discussione circa la mobilità tra città diverse o nella città; ebbene non vi è alcuna differenza: anche in città ci sono i medesimi limiti e gli stessi comprovati motivi per giustificare l’uscita.

* L’articolo che troverete deve essere contestualizzato; è scritto, infatti, il 13 Marzo, prima che il Governo abrogasse la sanzione dell’art. 650 c.p., come in seguito esposto in un altro articolo sul presente sito .

Ne ho parlato in un articolo recentissimo sulla rivista Cammino Diritto al seguenti link

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